Clara Minissale

pensieri e parole in punta di coltello. E forchetta

Luoghi, Persone

Rigore e leggerezza gourmet, a Modica il ristorante di Accursio Craparo

“La bellezza è una forma del genio, anzi, è più alta del genio perché non necessita di spiegazioni”, diceva Oscar Wilde.

Modica, scalinata del duomo di San Pietro

Può la bellezza di un luogo influenzare l’esperienza gastronomica? Non ho una risposta certa a questa domanda. Sicuramente il fatto di trovarsi in un posto ricco di storia che ti riempie gli occhi e la mente, predispone l’animo al bello ed io, ogni volta che vado a Modica, faccio un respiro profondo, mi guardo intorno e insieme al respiro, cerco di assorbire e mandar giù tutta la bellezza che mi circonda.

lo chef Accursio Craparo in una foto davanti al suo ristorante poco prima dell’inaugurazione nel 2014

Con questo stato d’animo sono entrata da Accursio. Il ristorante, una stella Michelin dal 2016, si trova al piano terra di un antico palazzo su corso Umberto ma l’ingresso è su vicolo dei Grimaldi, ai piedi della scalinata del duomo di San Pietro, uno scorcio molto suggestivo che rievoca certa allure parigina.

E all’interno infissi verde salvia, archi in pietra riportati alla luce, vecchie maioliche a terra a rievocare un campo di fiori, tavoli e sedie in legno che in mezzo a questo campo ideale trovano la loro naturale dimora e lanterne marinare per illuminare gli spazi, in un continuo rimando a quell’oscillare tra terra e mare che è poi la sintesi della natura dello chef, che vicino al mare di Sciacca è nato e nella più intima campagna siciliana ha scelto di lavorare. Nulla, dunque, è lasciato al caso negli arredi di quella che Accursio Craparo definisce “la sua dimora” e l’atmosfera si fa immediatamente di calda accoglienza.

Lo chef, garbato e sorridente padrone di casa, porta ogni giorno nella sua cucina un bagaglio ricco di esperienze fatte in giro per il mondo: Pietro Leeman, Massimiliano Alajmo, Corrado Assenza, sono alcuni dei suoi maestri, le note ascoltate e assorbite e poi diventate base sulla quale costruire una musica intima e del tutto personale. Un percorso che lo ha portato alla stella Michelin nel 2008 alla Gazza ladra, sempre a Modica. Un riconoscimento confermato nel 2016 con Accursio.

Scrive nel suo diario lo chef: “Il tempo che passa mi insegna sempre più il rigore della pulizia, la disciplina di inseguire l’essenziale di ogni idea, così come di ogni ingrediente: la perfezione della semplicità si raggiunge sempre sottraendo, mai aggiungendo, e quel che alla vista appare lineare, sottile, in bocca diventa tridimensionale, completo, complesso, concluso nella sua coerente circolarità”.

Non ci sono parole più precise di queste per raccontare l’esperienza di un pasto nel ristorante di Accursio Craparo. Eravamo in due ed abbiamo scelto il menu degustazione da quattro portate che offre la possibilità ai commensali di potere selezionare liberamente i piatti dal menu, cosa rara per la mia esperienza e molto apprezzata.

Si comincia con il benvenuto dello chef, tre piccoli assaggi che sono solo il preludio a ciò che seguirà: una rivisitazione del pane cunzatu con burro di olio d’oliva – un’antica passione di Craparo quella di “lavorare” l’olio extravergine di oliva siciliano -, una pappa al pomodoro e un’arancina.

Il primo antipasto è “Bassa marea”, ovvero ceci con gamberi, cozze, rana pescatrice e vongole. Un piatto bello innanzitutto alla vista in cui sapidità e dolcezza sono in perfetto equilibrio. I gamberi compongono la stella marina e la roccia al nero di seppia nasconde pesce e vongole, il tutto adagiato su una crema di ceci.

Dal mare alla terra e poi nuovamente al mare con la battuta di vitello con scampi, ostriche, polpa di ricci, asparagi e riso: ogni boccone ha un sapore diverso, fresco ed inteso. La parola d’ordine anche qui è equilibrio.

Il primo è la sublimazione del mare, nell’armonia assoluta di sapori: “Spaghetti di mare” con gamberi, ricci, ostrica, vongole, caviale e alghe. Questo piatto viene servito tiepido, una scelta precisa e azzeccata che permette a tutte le componenti  di dare il meglio di sé. E’ uno di quei piatti che stupisce per linearità ed incisività anche chi al forte richiamo dei sapori marini è abituato. Uno di quei piatti in cui a dominare sono le sfumature e con il quale potresti anche chiudere un pasto e ritenerti soddisfatto così. Qui è davvero come mangiare tutto il buono del mare e capisci cosa intende lo chef quando parla di linearità che in bocca diventa tridimensionalità.

Racconta lo chef che questi spaghetti, frutto di qualche rielaborazione nel tempo, “sono sempre più intrisi delle intensità salmastre del fondale e insieme della freschezza irresistibile della brezza in superficie: un’immersione per ritrovarsi a nuotare tra gamberi, ricci, ostriche, vongole, caviale e alghe”.

Molto buone buone anche le “Perle di seppie e patate”, degli gnocchi di seppia e patate con ragù di trippa e uova di pesce, ricotta e piselli. Interessante il ragù di trippa di pesce che dà al piatto un  gusto solo all’apparenza rustico.

Il secondo è uno sgombro alla carbonella con melanzana, patate e mentuccia, un piatto goloso connotato dall’aroma di brace e dalla cottura del pesce da manuale.

Quindi uno dei cavalli di battaglia dello chef, “Pane e cipolla”, ovvero cipolla in agrodolce con formaggio Fiore Sicano, tartufo nero, rapa rossa e pane speziato. Una celebrazione dei tempi passati in cui già avere da mangiare pane e cipolla era, a volte, un lusso. Un piatto dal sapore pieno, nato in omaggio al nonno, al quale Craparo era molto legato.

Il passaggio dal salato al dolce è scandito da un altro dei cavalli di battaglia dello chef, l’uovo a la coque. Ma non è quello che sembra. Perché l’apparenza – ingannatrice – rimanda in tutto e per tutto all’uovo ma la realtà è ben più dolce e delicata e il guscio (quello sì, veramente dell’uovo), è svuotato e riempito con una mousse di ricotta a ricordare l’albume e un cuore di frutto della passione al posto del tuorlo. Immancabile il pan speziato da intingere e della polvere di mandorla da spargere sulla sommità come fosse sale.

Si continua con “Dolce primavera”, una crema gelata di avocado e kiwi, fragole, ananas e yogurt. Una sorta di insalata di frutta impreziosita dall’avocado e rinfrescata dall’ananas, di irresistibile golosità.

Si chiude con l’eleganza di “Baco da seta”, meringa con crema al limone, pan di Spagna, frutti rossi e pistacchio. Un dessert nato dalla naturale curiosità dello chef nei confronti di questa specie di farfalla e del suo faticoso lavoro di produzione della seta che nel piatto diventa zucchero filato nel quale farsi largo per trovare il bozzolo. Buono e divertente.

Immancabile la piccola pasticceria, servita in una elegante scatola serigrafata.

Professionale e garbato il servizio, con personale di sala sorridente e prodigo di spiegazioni, giusto complemento al lavoro dello chef.

Precisione e leggerezza, rigore e creatività, memoria e gusto a servizio della buona cucina.

 

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