Clara Minissale

pensieri e parole in punta di coltello. E forchetta

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A Palermo è corsa all’orto urbano

Un luogo in cui stare a contatto con la natura con la quale re-intrecciare un dialogo interrotto dalla vita frenetica di ogni giorno. Ma anche punto di aggregazione, di relax, una sfida con se stessi, un modo costruttivo per impiegare il tempo libero o anche un’occasione di lavoro. Sono diversi i motivi che posso spingere a cercare un pezzetto di terra da coltivare. Tutti ugualmente validi, tutti assolutamente motivanti. Sarà questa la chiave del successo degli orti urbani, piccoli appezzamenti di terreno che si trovano in città o nelle immediate vicinanze, dove si coltivano ortaggi per uso familiare. A Palermo sono quattro le zone principali in cui è possibile trovare ortisti amatoriali all’opera: in via Portello, nei pressi dell’aeroporto di Boccadifalco; a Villa Spina in via dei Quartieri; in via Galletti alle porte di Villabate; in via PV 46, vicino al velodromo Borsellino.

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I primi due sono gestiti dall’associazione “Gli orti delle fate”, gli altri dal Codifas, il Consorzio di difesa dell’agricoltura siciliana.

Ci sono papà che zappano il loro orto in compagnia dei figli, coppie di pensionati che dedicano il tempo libero all’orticello con movimenti lenti e ben assestati, giovani mamme che spiegano ai figli l’importanza di quello che stanno coltivando e bimbi che riconoscono una pianta a metri di distanza. In cambio di una quota mensile, hanno a disposizione dai cinquanta ai cento metri quadratati di terreno sul quale piantare ciò che più aggrada ma sempre seguendo il criterio della stagionalità e della genuinità.

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Del resto i numeri della corsa all’orto che ha contagiato i palermitani parlano chiaro. “Noi abbiamo cominciato con quattordici mila metri quadrati di terreno, circa centotrenta persone che coltivano gli orti e continue richieste di appezzamenti tanto che abbiamo dovuto fare una lista d’attesa”, dice Fausto Terranova, fondatore de “Gli orti delle fate” l’associazione che è figlia dell’impossibilità di trovare un angolino da coltivare in città. “Volevo un pezzo di terra nel quale piantare ortaggi per me e la mia famiglia ma trovavo solo terreni troppo grandi, allora mi è venuta l’idea di dividerli in tanti piccoli lotti da gestire con altri appassionati”. Da qui al tutto esaurito il passo è stato breve e Terranova si è messo alla ricerca di altri terreni. Prima 7 mila metri quadrati e, poco dopo, un altro di pari dimensioni. Ma ancora non basta. La corsa all’orto non si ferma e l’associazione lancia un appello: “chiunque avesse in città un appezzamento di almeno quattro mila metri quadrati con possibilità di irrigare e volesse affittarlo, ci contatti perché vorremmo creare altri orti”. Ogni componente dell’associazione, con una quota mensile di 35 euro, ha diritto ad un appezzamento di 50 metri da adibire alla coltivazione di ortaggi. L’associazione mette a disposizione l’acqua, la consulenza dell’agronomo Lino Cuttonaro, gli arnesi del mestiere.

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da sinistra: Lino Cuttonaro e Fausto Terranova de Gli orti delle fate

Simili le modalità anche per il Codifas, dove per un appezzamento si pagano 30 euro al mese ed è garantita giornalmente la presenza di un tutor che sovraintende alle varie attività diventando il punto di riferimento degli ortisti. Anche qui acqua per irrigare e arnesi sono “in dotazione”. “Queste attività per noi sono un’occasione di divulgazione di temi che ci stanno molto a cuore come l’eco-sostenibilità, la bio-diversità e il cambiamento degli stili di vita”, dice il presidente Gabriele Cappadonia che, dopo avere lavoro in ambito finanziario nella City a Londra, ha deciso di mollare tutto e dedicarsi alla terra con l’obiettivo dell’autoproduzione per diventare autosufficiente. Grazie al Codifas, Vito Capitano, 23 anni e tanta forza nelle braccia, ha trovato un lavoro. “Sono tutor – dice – e do una mano a tutti quelli che me lo chiedono”. E come lui e l’agronomo Paolo D’Amore, altri giovani sono regolarmente assunti dalla cooperativa. Per Amalia Alessi, casalinga, e Lia Amato, biologa appassionata di orchidee, è la prima esperienza con zappa e sementi nei campi vicino al Velodromo. “Volevamo metterci alla prova – raccontano – e siamo molto soddisfatte”. L’orto ha salvato Pippo Lo Meo dallo sconforto di aver perso il lavoro a cinquat’anni: “stare qui è stato terapeutico e poi, vuoi mettere la soddisfazione di vedere crescere ortaggi coltivati con le tue mani e scoprirne il sapore dimenticato?”.

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da sinistra: Amalia Alessi e Lia Amato del Codifas

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Paolo Damore, tutor Codifas

“Coltivare un orto richiede impegno e costanza – aggiunge Cappadonia -. Qualcuno molla strada facendo ma altri vanno avanti. Oggi abbiamo circa duecento ortisti e siamo molto soddisfatti di come vanno le cose perché nell’ultimo anno abbiamo lavorato su larga scala coinvolgendo anche i ragazzi delle scuole”.

pubblicato sul Giornale di Sicilia dell’8 agosto 2016

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