Clara Minissale

pensieri e parole in punta di coltello. E forchetta

Eventi, Luoghi

Strutture antiche e concept moderno L’Etna e l’arte dell’accoglienza

Il versante est dell’Etna è come una scatola magica che ogni volta che la apri rimani stupito da quello che ci trovi dentro. Qualcosa l’avevo già raccontata qui, ma l’ultima trasferta alle falde del vulcano, mi ha regalato nuove ed inattese emozioni.

Lo chef Pietro D’Agostino

L’evento al quale partecipare era l’inaugurazione a Taormina di Kistè, il nuovo ristorante dello chef stellato Pietro D’Agostino che, allo scoccare del decimo anno dall’ottenimento della stella per il suo locale storico, La Capinera, seguendo una formula già sperimentata da altri colleghi stellati negli ultimi anni, ha voluto regalarsi un ristorante easy gourmet nella cui cucina la materia prima siciliana fosse la sola protagonista.

L’esterno di Casa Cipolla

Kistè è nato all’interno di un edificio di importanza storica per Taormina, Casa Cipolla, uno dei rari esempi di stile del tardo Rinascimento siciliano che, negli anni, è stato di ispirazione per tanta architettura nella cittadina. Il locale deve il suo nome a due cisterne di epoca romana custodite al suo interno che fanno bella mostra di sé in una delle pareti.

Una delle due cisterne all’interno di Kistè

L’interno di Kistè

I prodotti dello chef

Crudi di mare

Trenta coperti, un bello spazio esterno da sfruttare in estate e una cucina che parla di territorio, oltre ad una linea di prodotti selezionati dallo chef e in vendita con il marchio “Io D’Agostino”, sono i punti di forza di Kistè che conta anche e soprattutto sul carisma di un testimonial d’eccezione, lo stesso D’Agostino, instancabile promotore del suo territorio e ispiratore di importanti collaborazioni come quella con lo chef di Sabir Gourmaderie a Zafferana Etnea, Seby Sorbello o con Giuseppe Raciti, chef di Zash a Riposto, entrambi presenti con le loro proposte gastronomiche all’inaugurazione di Kistè per dare manforte all’amico Pietro.

Da Taormina alle falde dell’Etna il passo è stato breve e sono bastati trentacinque chilometri per ritrovarmi a Riposto in un altro posto da sogno, un luogo che è esattamente come l’onomatopea del nome, Zash, ti suggerisce: un suono della natura netto, preciso, a volte un po’ sfuggente come solo il vento che passa tra le foglie degli alberi di agrumi può essere. Ma c’è, è lì presente e ti racconta che sei in un’altra dimensione fatta di natura, vulcano e mare, di rispetto dei luoghi e amore per il bello, di storia e modernità. Questo luogo racconta anche dell’amore di un padre, Renato Maugeri, per la figlia Carla, architetto talentuoso, artefice insieme con il compagno Antonio Iraci della ristrutturazione di Zash, diventato da dimora abbandonata un boutique hotel.

Zash a Riposto

Carla ha intuito le potenzialità del posto e papà Renato ha creduto in lei e nel suo talento. Dieci camere, tre suite separate dal verde circostante solo da enormi vetrate a sostituire le pareti, la pietra lavica a ricordarti che lei, a Muntagna, è sempre lì, sveglia e vigile.

La piscina

L’anno dell’apertura – è il 2012 – è già un successo con la vittoria del Premio internazionale di Architettura ad Ischia. Poi arriva lo chef Giuseppe Raciti e anche il ristorante gourmet all’interno della struttura trova la sua giusta collocazione. Innanzitutto fisica, posto com’è all’interno del vecchio palmento, luogo tra i più suggestivi della struttura, e poi di gusto, con piatti raffinati frutto di ricerca e professionalità. In cucina con Raciti ci sono Rosita Cavallaro e Agatino Bruno. In sala il maitre Giuseppe Romeo con Daniele Forzisi e Giulia Manfrè.

Il palmento dove si trova il ristorante

Lo chef Giuseppe Raciti col personale di sala e cucina

Da poco è stata inaugurata la spa, realizzata all’interno della cantina. Dove una volta riposava il vino, oggi si rilassa l’ospite e la pietra lavica con cui è stata creata la piscina e il profumo di zagara che si spande nell’aria, rendono unico lo scenario.

La spa

A breve sarà realizzata anche una pista per gli elicotteri, perché il mare o le isole Eolie non sono mai abbastanza vicini.

A dimostrare, se ce ne fosse ancora bisogno, che in Sicilia l’accoglienza è una cosa serissima, sullo stesso versante, qualche chilometro più lontano dal mare, immerso in territorio che già da sé è uno spettacolo di vegetazione e piccoli terrazzamenti, c’è un’altra struttura ricettiva che racconta la storia dei luoghi adattandosi alle esigenze dei viaggiatori più esigenti e raffinati. Monaci delle Terre Nere si trova a Zafferana Etnea e deve il suo nome alla storia ultracentenaria di terre fertili ai piedi del monte Etna e di mura che hanno raccolto la preghiera e l’opera dei frati. Presente e passato si fondono in 16 ettari di uliveti, agrumeti e vigneti, trasformati in una tenuta biologica, fonte di ispirazione e di materie prime eccellenti.

Monaci delle Terre Nere

I terrazzamenti creati dai monaci

La struttura principale è un casolare nobiliare di inizio ‘800, nel quale sono stati mantenuti le vecchie porte interne ed esterne, gli affreschi sui soffitti, gli intonaci a calce degli interi edifici, alcuni dei pavimenti in cotto delle singole camere e parti esterne, l’antico torchio nel palmento, oltre naturalmente, all’intera facciata esterna con le cornici in pietra lavica, le ringhiere in ferro, il marmo sulle scale. Qui ci sono sei delle venti camere, il ristorante e il convivium bar, un ambiente accogliente che, col camino acceso, assume un’aria quasi familiare.

La sala colazione nel palmento

La sala colazione

Le altre 14 suite, esempi di bio architettura, sono sparse tra le vigne e i boschi, secondo lo spirito dell’albergo diffuso: edifici indipendenti all’interno della tenuta, in cui è possibile apprezzare il silenzio e cogliere la vera anima di Monaci. Ogni camera ha la sua un’identità: alcune sono decorate con pareti in pietra lavica e travi a vista e gli arredi originali uniscono l’architettura tradizionale siciliana e il design moderno. Tutte sono circondate dal verde.

Una delle suite

Niente tv in camera, che è un grande valore aggiunto. Meglio godersi il paesaggio, magari con un po’ di musica in filodiffusione in sottofondo. E in inverno, un bel camino acceso saprà ipnotizzarvi.

Tutto intorno è ulivi, agrumi, vite, alberi da frutto e buona parte della produzione agricola – uova comprese – proviene dagli orti di proprietà, anche questi bio-sostenibili. Passeggiando nei sentieri, tra le vigne, si rimane catturati dai suoni e dagli odori che creano un percorso sensoriale di grande suggestione. Pochi passi ancora e ci si ritrova in un orto con una grande varietà di erbe aromatiche, alcune delle quali diventano l’ingrediente segreto dei cocktail preparati dal barman Alberto Paternò.

Anche lo staff del ristorante ‘Locanda Nerello che si trova nella struttura principale ed è guidato dallo chef Vincenzo Gulino, raccoglie questo spirito e offre una cucina genuina e di qualità che ha ricevuto riconoscimento dal Gambero Rosso come “Gusto e Salute”.

Se capitate da queste parti, provate i tortelli di grano antico siciliano col brasato, sentori di stracotto e piacentino ennese e il cannolo rivisitato con la cialda al miele cotta al forno, arance amare e pomodorino.

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