Clara Minissale

pensieri e parole in punta di coltello. E forchetta

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Dieta Fodmap: vi racconto quattro mesi senza…

Fodmap. Fino a quattro mesi fa non avevo mai sentito questo termine. Meno che mai sapevo cosa fosse la dieta Fodmap, anche perché tutto ciò che comincia per “dieta”, non mi ha mai seriamente interessato… Eppure, mentre lo specialista pronunciava queste due parole, dieta Fodmap, ho sentito un po’ il terreno mancarmi sotto i piedi. Niente più pranzi o cene gourmet, calici di vino, cocktail, assaggi di questo o quell’altro cibo, dolci. Niente. Nemmeno un’alimentazione normale, a dire il vero. Se volevo curare la mia esofagite da reflusso, dovevo mettermi e dieta. E ingurgitare un certo numero di medicine, ovviamente.

Allora ho cominciato a documentarmi per capire cosa fosse questa cosa che all’improvviso si piazzava davanti al mio percorso personale e professionale di giornalista enogastronomica.  Fodmap. Un acronimo di una cosa complicatissima Fermentabili Oligo-Di-e Mono-saccaridi e Polioli, ovvero carboidrati che non possono essere digeriti o assorbiti bene. In termini pratici, ha significato eliminare per un certo tempo dalla mia alimentazione il glutine, il lattosio, quasi tutti gli zuccheri, i legumi, tutti gli ortaggi della famiglia dei cavoli, i carciofi, i finocchi, le cipolle, le patate, gran parte della frutta, gli alcolici… Anche le tisane, le apparentemente innocue tisane… Insomma, faccio prima a dire cosa è rimasto di commestibile per me da quel momento in poi: tacchino e pollo, alcuni pesci, pochissima carne rossa magra, verdure a foglia, ravanelli, zucca e zucchine, carote, peperoni e melanzane e pochissimo altro. Il massimo che mi è stato concesso era di bollire o arrostire, così ho perso la voglia e la gioia di cucinare.

Certo, se avessi potuto scegliere un periodo adatto per fare la dieta, non avrei potuto fare di meglio, con tutti i ristoranti chiusi e le varie difficoltà di movimento legate a lockdown totali o parziali. In questo la pandemia da Corona virus mi ha aiutata. Ma è stata dura comunque. Quattro mesi di dieta matta e disperatissima che non sono ancora del tutto conclusi.

In questo tempo credo di avere preparato le zucchine in tutti i modi possibili. I ravanelli sono diventati i miei migliori amici, il sapore più esotico che potessi permettermi. Mangiare un pesce al forno con una fettina di limone la mia nuova frontiera gourmet. Ho scoperto che a Palermo ci sono panifici che fanno pessimi prodotti senza glutine e ho compreso a fondo perché le mie amiche celiache abbiano deciso di imparare a fare tutto da sé. Oggi, a distanza di sedici settimane di dieta, dopo svariate pillole e chili di tacchino e verdure ingeriti, posso dire di stare meglio. Ho lentamente reintrodotto il glutine, le cipolle, i cavoli nelle varie declinazioni. Ma il momento di cucina più alto degli ultimi quattro mesi è stato sabato scorso: ho impastato, lasciato lievitare, fatto pieghe come si conviene e poi mangiato la pizza più buona di sempre! Fatta in casa, 24 ore di lievitazione, idratazione al 65 %. Un regalo per quattro mesi di dieta rigidissima che non sarei mai riuscita a fare se il premio in palio non fosse stato recuperare la mia capacità di digestione. La pizza come premio per il mio stomaco (parzialmente) riabilitato. Certo, per condirla ho usato la mozzarella senza lattosio, ma ci ho messo anche tanta gioia. Vale come ingrediente segreto? Sarà per questo che mi è sembrata così buona…

Adesso aspetto con trepidazione il momento in cui mi sarà concesso mangiare una fetta di Sacher Torte e bere un passito o una malvasia. Allora potrò dire di essere fuori dal tunnel.

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