Clara Minissale

pensieri e parole in punta di coltello. E forchetta

Eventi, Luoghi

Arte, design e gastronomia, Matera è servita

Quando cammini per le stradine di Matera non puoi fare a meno di pensare a quanto deve essere stata dura qui la vita. Ti guardi intorno e vedi quel meraviglioso susseguirsi di case, apparentemente ammassate le une sulle altre – “le strade sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per chi esce da quelle di sotto”, scrive Carlo Levi in “Cristo si è fermato a Eboli” – che agli occhi dei visitatori appaino invece come un insieme armonico e affascinante.

Vista da lontano, Matera sembra un bellissimo presepe in pietra, di quelli che un paziente artigiano saprebbe scolpire con precisione e maestria. Immaginare la vita nei celebri Sassi – dal 1993 Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco – dove spazio e tempo si fondevano in un unico ambiente da dividere tra uomini, cose e animali, rende la bellezza di questo luogo quasi dolorosa, certamente emozionante e dunque ancora più suggestiva. Eppure Matera non è solo Sassi, sebbene da questi non si possa prescindere.

Capita in alcune ore della giornata di doversi fare largo tra la folla di turisti che invade pacificamente le strade dell’isola pedonale del centro storico. E’ tutto un via vai di guide turistiche che illustrano la storia di chiese, strade, monumenti. Ma in realtà qui ogni svolta, ogni stradina, può svelare un angolo nel quale valga la pena soffermarsi, assaporare l’atmosfera, scattare una foto.

Il mio soggiorno a Matera è stato breve e intenso. L’occasione, Fucina Madre, l’evento organizzato dall’Apt Basilicata e dedicato al design e all’artigianato che si è svolto dal 21 al 25 aprile. Matera nel 2019 sarà Capitale della Cultura, Palermo, la mia città, lo è quest’anno. Grazie ad un accordo tra i due capoluoghi è nata una partnership con “I-design”, manifestazione curata da Daniela Brignone che si svolge a Palermo nel mese di novembre e che quest’anno sarà alla VII edizione ed io, da quest’anno, faccio parte del comitato scientifico e mi occupo di Food Design.

Anche la gastronomia, dunque, ha trovato il suo spazio all’interno della manifestazione, con un tema – quello dei grani antichi – che accomuna Matera, città celebre per il suo pane igp, e Palermo e la Sicilia tutta, che li ha riscoperti e valorizzati.  Il vero trait d’union è stato il cooking show Dal campo alla tavola: la tradizione rinnovata dei grani antichi”, durante il quale si sono confrontati al ristorante San Biagio lo chef siciliano una stella Michelin Giuseppe Costa e quello materano Vito Antonio Specchia, con la partecipazione del designer Michele Cuomo, Premio Compasso d’oro per il formato di pasta “Canna di fucile”, ottenuto con una speciale trafila e prodotto dal pastificio Fratelli Setaro di Torre Annunziata.

da sinistra: Vito Antonio Specchia e Giuseppe Costa con i piatti della collezione Design for chefs dell’architetto Peppino Lopez

I due chef  hanno raccontato tradizioni, metodi di lavorazione e processi, dalla raccolta del grano al prodotto finito, suggellando la narrazione con una serie di piatti in cui i grani antichi sono stati variamente protagonisti.

Macco di fave con finocchietto e pane di Tumminia dello chef Costa

Fucina madre è stata per me l’occasione per scoprire design e artigianato della Basilicata, regione verde e rigogliosa i cui  abitanti si fanno in quattro per farti scoprire storia e bellezza. La voglia di raccontarsi, qui, di certo non manca e il bagaglio del viaggiatore, sempre pronto a riempirsi di suggestioni, non rischia di restare vuoto.

Un soggiorno breve, dicevo. Ma non poteva mancare una passeggiata alla scoperta della podolica lucana, uno dei fiori all’occhiello delle produzioni locali, che rappresenta un’ opportunità di valorizzazione della filiera zootecnica di qualità e, non a caso, è presente nello stemma della Città di Matera.

Tra le colline di Ferrandina, sotto i ruderi del castello di Uggiano che vigilano sui pascoli, c’è il caseificio Di Gilio. Antonio, il capofamiglia, 72 anni di pura energia, produce un eccellente cacio podolico con il quale, qualche anno fa, ha vinto il primo posto al concorso “Formaggi d’autore” a Saint Vincent in Valle d’Aosta. A dargli una mano c’è la figlia Maria Carmela.

Loro trasformano esclusivamente il loro latte di mucca podolica. Ne hanno circa 150 che chiamano per nome, una per una. Ciò che rende speciali queste mucche straordinariamente resistenti, il loro latte e dunque anche i formaggi, è la variabilità dell’allevamento, a dimensione di animale che pascola libero, talmente libero che molti allevatori di podolica, in Basilicata, non hanno un proprio terreno ma praticano solo nomadismo.

Caratteristica peculiare di questo bovino è l’eccezionale potere di adattamento ad ambienti particolarmente difficili, unita alla straordinaria capacità di utilizzare risorse alimentari che non potrebbero essere sfruttate diversamente. Questo bestiame infatti riesce a valorizzare pascoli cespugliati, stoppie, macchie, utilizzando le foglie di arbusti e la produzione erbacea del sottobosco. La Podolica è stata usata per lungo tempo prevalentemente per l’attitudine al lavoro e secondariamente per la carne e il latte, adatto alla produzione del rinomato caciocavallo.

Antonio affina i suoi formaggi in grotta e, come buoni vini, possono restare qui a stagionare, per anni.

Ha aperto davanti ai miei occhi una forma datata 2015 e il risultato è stato straordinario: un formaggio sapido, gustoso, aromatico, dalla personalità decisa. In realtà il cacio podolico può essere consumato anche fresco o con una stagionatura di pochi mesi e Antonio è così fiero di fare assaggiare i suoi prodotti che sarebbe capace di andare avanti per delle ore. Prepara un banchetto nell’abitazione adiacente al caseificio, con vista sulle colline di Ferrandina ed è tutto un tagliare pane, formaggi, salumi da accompagnare, ça va sans dire, con un vinello del contadino. Questo è un luogo per veri appassionati.

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